"Museo dei dolmen" è un museo virtuale della preistoria e protostoria del Mediterraneo e dell'Europa Occidentale, ideato e diretto da Federico Bardanzellu.

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Dolmen Museum     

 

 

Preistoria e protostoria del Mediterraneo e dell'Europa Occidentale

 
 
Museo dei Dolmen
 

 

Movimenti di popoli nel Mar Mediterraneo

tra l’età del bronzo e l’età del ferro

 

1. I Popoli del Mare, chi erano costoro?  > Leggi tutto

2. Iconografia dei guerrieri> Leggi tutto

3. Il collasso dell’età del bronzo > Leggi tutto

4. Bacino d’origine dei Popoli del Mare  > Leggi tutto

5. I Popoli del mare nel Levante siro-palestinese > Leggi tutto

6. L’invasione dorica della Grecia > Leggi tutto

7. I Popoli del mare in Sardegna e in Corsica > Leggi tutto

8. I Popoli del mare in Sicilia e nell’Italia peninsulare > Leggi tutto

 

9. L’età del ferro

navicella_sarda

  Modellino di navicella sarda

Tharros1

Tharros (OR) potrebbe essere

stata un'insediamento  dei Tursha

Bronzetto sardo da Vulci (VT)

     raffigurante un orante

Apollo_Veio

            L'Apollo di Veio

 

 

     

Nonostante l’approdo di popolazioni in possesso delle tecniche di fusione e di fabbricazione di armi in ferro, nella penisola italiana e sulle isole l’inizio della nuova epocal ferro è canonicamente fissata al 900 a.C., cioè in ritardo di circa trecento anni rispetto al vicino Oriente.

  Una consistente sostituzione del materiale di fabbricazione delle armi, inoltre, non è visibile prima del VII secolo. In Sardegna, infine, tale ritardo è ancora più consistente e, sostanzialmente, si conclude solo con l’arrivo e la presa del potere dei fenicio-punici, intorno alla metà del VI secolo.

  Ciò è dovuto sostanzialmente alla mancanza della materia prima e, probabilmente, confermerebbe che l’arrivo dei Popoli del mare, soprattutto in Sardegna, ha preceduto l’invasione dorica della Grecia, realizzata da popolazioni già in pieno possesso di armi di ferro.

 

La situazione si evolse con la scoperta di consistenti giacimenti ferrosi sull’Isola d’Elba e sulle colline toscane.

  La circostanza non può non aver lasciato indifferente la comunità dei popoli del Mediterraneo (compresi Greci e Fenici) ma, prioritariamente, destò l’interesse delle popolazioni sarde.

  A partire dalla prima metà del IX secolo, infatti, compaiono nelle sepolture toscane i ben noti bronzetti sardi. In particolare, il rinvenimento di numerose navicelle a protome zoomorfa attestano l’arrivo sulla costa toscana di navigatori e commercianti sardi.

 

 

 

In tale contesto, l’azione dei discendenti dei Tursha sembra essere stata preponderante. Non si spiegherebbe diversamente il cambiamento di denominazione del mare compreso tra la Sardegna e la penisola, già indicato come Okeanòs (Oceano) da Omero e poi “Mare Sardo”, in Mar Tirreno. Né si spiegherebbe la denominazione di “Tirrenia”, assunta dal territorio compreso tra l’Arno e il Tevere e quella di “Tirreni” data dai Greci alle popolazioni locali (poi trasformata in “Tusci” e, quindi, “Etruschi”, dai Romani).

  Il porto di partenza dei flussi migratori potrebbe essere stato Tharros, la cui etimologia riflette quella dei Tursha e la loro possibile città d’origine, cioè l’anatolica Tarso.

  La penisola di Tharros era già abitata dai sardi nuragici ben prima dei Popoli del mare, come dimostra la presenza di una torre nuragica sulla sua acropoli e di un altro villaggio nuragico sull’istmo peninsulare.

  Tharros è uno dei porti naturali più evidenti di tutta la Sardegna e non poteva non destare l’interesse dei Popoli del mare a fini strategici, sin dal loro arrivo sull’isola. Nei paraggi, inoltre, sfocia il fiume Tirso che, in antichità, potrebbe aver significato “il fiume dei Tursha “ o “il fiume dei Tirreni”.

  E’ significativa la raffigurazione di prodotti agricoli e artigianali su talune navicelle sarde, rinvenute nelle tombe toscane e laziali dell’età del ferro.

 

  Le rare statuine antropomorfe, invece, raffigurano prevalentemente sacerdoti o sacerdotesse con l’alto copricapo a falde larghe già individuato sull’isola e che troverà riscontri negli affreschi etruschi di età arcaica. Anche la tipologia della capigliatura di tali sacerdoti e sacerdotesse, raggruppata in lunghe trecce, trova riscontri nella coroplastica etrusca, come, ad esempio, nell’Apollo di Veio.  

  Tutto ciò fa supporre che la penetrazione delle genti sardo-tirreniche, in Etruria, sia stata una penetrazione di élites: un ceto imprenditoriale interessato allo sfruttamento delle miniere, al commercio di prodotti agricoli e artigianali e una classe di sacerdoti e sacerdotesse; un’élite dedicata all’intermediazione economica e culturale tra le popolazioni locali (cultura villanoviana) e le grandi civiltà marinare dell’età del ferro (Fenici e Greci), attratte sul Mar "Tirreno" per barattare i propri prodotti artigianali con quelli minerari dell'Isola d'Elba e delle colline toscane.

  La lingua di origine indo-aria che i sardo-tirreni avevano mantenuto nelle loro peregrinazioni divenne la “lingua franca” delle transazioni commerciali e la lingua aulica delle cerimonie religiose, senza sovrapporsi a quella autoctona dei villanoviani.

  Secondo il glottologo Piero Bernardini Marzolla, infatti, l’Etruria fu una nazione bilingue, dove accanto a una lingua tuttora indecifrata (il villanoviano) era presente una lingua colta, molto simile al sanscrito, con il quale condivideva, con tutta probabilità, l’origine indo-aria.

10. Fenici oltre le colonne di Melkart > Leggi tutto

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