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Preistoria e protostoria del Mediterraneo e dell'Europa Occidentale
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Fonte foto: Livornopress | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il dolmen appare in Sardegna alla fine del IV millennio a.C. A tutto il 2009 sono documentati nell'isola 215 strutture (Cicilloni, I dolmen della Sardegna, Mogoro, 2009), per il 98% localizzate nella sua metà settentrionale. Tale tipo di sepoltura è ben radicata nell neolitico medio soprattutto in Gallura, rispetto a quella ipogeica (domus de janas) diffusa nel resto della Sardegna; in seguito si sviluppa e si propaga durante il neolitico recente e nell’eneolitico. Con l’apparire dell’età del bronzo, si verifica la trasformazione del dolmen, prima in allèe couverte (megaliti e lastra verticale ricoperte da un tumulo di terra e di pietre più piccole, a volte delimitata nella sua circonferenza da uno o più cerchi di pietre, cioè dal cosiddetto "peristalite"), poi nelle “Tombe di Giganti” dell’età nuragica. Le strutture dolmeniche galluresi trovano riscontri in esempi leggermente più recenti della vicina Corsica meridionale, oltre che in quelli delle regioni basca, catalana e francese o con altri di Minorca.
Nell'esaminare le strutture dolmeniche della Corsica meridionale, gli studiosi Edoardo Proverbio e Pino Calledda hanno fornito alcune ipotesi circa il loro orientamento, e, prendendo in considerazione, oltre all'azimut, anche la declinazione associata alla direzione del dolmen, hanno attribuito loro un "target" in gran parte stellare. Chi scrive si è permesso di elaborare una tabella relativa a tali rilevazioni, desumendole da quanto gli autori riportano in "Rivista Italiana di archeoastronomia", Roma 2004.
Determinazione
dell'azimut di un astro (73k .pdf) Corrispondenze astrali degli allineamenti dei dolmen della Corsica meridionale
Il tentativo dei due studiosi di applicare gli stessi target ai dolmen sardi appare meno convincente, anche se ormai non si può più negare che la Corsica meridionale e la Sardegna settentrionale, in età prenuragica, facevano parte di un'unica medesima cultura megalitica e che, comunque, alcuni target stellari o luniziali appaiono evidenti anche in taluni dolmen della Sardegna settentrionale. Proverbio e Calledda, nel 1995, infatti, hanno osservato il dolmen Sa Coveccada (ca 2500 a.C.) di Mores, e ne hanno misurato l'azimut in 123,8°, sostanzialmente, cioè, l'azimut dell'alba al solstizio invernale. Le altre misurazioni effettuate dai due studiosi sui dolmen sardi, non hanno dato risposte altrettanto sicure, salva la considerazione generica che l'85% circa dei dolmen esaminati sono orientati in direzione Sud e Sud-Est. Anche in questo caso ci siamo permessi di elaborare una tabella relativa a gli orientamenti dei dolmen sardi, rilevazioni, desumendole anche qui da quanto gli autori riportano in "Rivista Italiana di archeoastronomia", Roma 2004.
Corrispondenze
astrali degli allineamenti dei dolmen della Sardegna settentrionale
Come si nota, il target solstiziale, identificato da Proverbio e Calledda, per il dolmen Sa Coveccada, appare isolato, in un contesto ove i target stellari sembrano maggiormente applicabili agli allineamenti delle strutture prese in considerazione. Come nel caso della Corsica, gli orientamenti verso il sistema Centauro/Croce/Mosca sembrano prevalenti, anche se sono emersi anche un paio di orientamenti verso la costellazione di Orione e uno verso quella di Andromeda. Nel neolitico recente, con tutta probabilità la sepoltura degli appartenenti a un dato clan era orientata verso quell’astro o quella costellazione che si riteneva totemica o protettrice del clan stesso, al fine di una possibile rinascita. (Ancor oggi, fra l’altro, è rimasto il detto: “nascere sotto una buona stella”). Marcel Moreau, in Les civilisations des étoiles dà una spiegazione interessante a questo fenomeno: “Gli uomini della preistoria collegarono certi gruppi stellari con delle linee immaginarie, disegnando nel cielo delle figure approssimative di uomini e di animali, facilmente riconoscibili. Per orientarsi, era necessaria la sola indicazione degli astri più brillanti, denominando ogni costellazione dalla stella più splendente che gli apparteneva. Si diceva così l’Occhio del Toro, la spiga della Vergine, Vega della Lira ecc. “(Moreau, 1973: 27). Tutti questi gruppi di stelle idealmente collegati tra loro, infatti, sono indicati (e, con tutta probabilità lo erano già nella preistoria) col nome di un animale (es. Orsa, Toro, Ariete ecc.), con figure umane o, in taluni casi con figure zoomorfizzate (Sagittario, Capricorno etc.). Tale circostanza potrebbe aver determinato l’identificazione del Clan, della Tribù o, addirittura, del loro antenato capostipite, con l’eroe o l’animale celeste individuato nella costellazione di riferimento. La cerimonia religiosa celebrata, a cadenza periodica, all’interno o nei pressi delle costruzioni megalitiche doveva quindi esser simile a tanti rituali che, ancor oggi, esistono tra le popolazioni primitive. “E’ ciò che – prosegue il Moreau – si chiama mettersi nella pelle di un altro o sotto una maschera protettiva, cioè sotto la protezione di un altro perché più potente. Ed è là l’origine di tutte le pelli mitizzate, e di tutte le maschere totemiche. Si tratta dell’introduzione di un essere umano nella pelle di un animale, ma questo animale è un animale celeste e in seguito un animale totem”. |
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